Andrea Treggia

 

 

 

Gli avvenimenti succedutisi dopo la morte di Papa Paolo Giovanni II fanno riflettere ogni persona.

Ci si chiede:

Perché tanta gente è voluta andare a Roma, sapendo che nella migliore delle ipotesi avrebbe visto il Papa solo per qualche secondo e dopo una fila estenuante? Come qualcuno dice, a mio avviso sbagliando profondamente, solo per un fatto mediatico, per fare una gita o per inseguire un sentimentalismo di facciata che equipara questo avvenimento ai funerali di una persona così diversa come fu la principessa Diana?

Non era difficile, prima, vederlo, ascoltarlo, leggere il suo pensiero: difficile era, è e sarà sempre seguirne concretamente e quotidianamente l'insegnamento, che non è il pensiero di un uomo colto e illuminato quale egli sicuramente è stato, ma, non bisogna dimenticarlo mai, la dottrina di Dio di cui la Chiesa, e il Papa come suo capo, è l'unica autentica depositaria e portavoce.
La gente ha bisogno di fatti concreti e tangibili, anche e soprattutto oggi, nell'era multimediale, quando c'è forte una tendenza a virtualizzare tutto.
Essere a Roma fisicamente significa dimostrare nel modo più concreto affetto e adesione al Papa, nella sua interezza sia spirituale che umana, anche, e forse maggiormente quando la propria vita non è indenne da macchie persino gravi: così anche 20 ore di fila, oggi quando un semaforo rosso in più è una "catastrofe", sono irrilevanti e forse per qualcuno necessarie come espiazione.

Credo che il Papa, tutti i Papi e quest'ultimo particolarmente solo perché ha saputo divulgare incisivamente a tutto il mondo la sua predicazione, siano visti da ogni persona non faziosa, indipendentemente dalla propria religione, come il modello perfetto di qualcuno al di sopra delle parti, che guarda all'umanità di ogni persona e che vuole il bene autentico di ognuno di noi, rappresentando così un modello cui tutti vorrebbero, almeno idealmente e in modi molto diversi fra loro, tendere.
Ma, forse ancora di più, il Papa è visto come l'unico in grado di colmare il vuoto e il bisogno di spiritualità che è dentro tutti noi e che la quotidianità, per tanti motivi, tende a soffocare o ignorare.
Questa è l'universalità del Papa e, a mio parere ancora prima di qualunque adesione di fede, la forza che ha portato a Roma milioni di persone, senza contare quelle radunate nelle piazze e nelle chiese di tutto il mondo.
 

Questa sorta di pellegrinaggio è un fatto religioso, umano o mondano?

Mondano, almeno per alcuni: sarebbe assurdo negare che il costume oggi privilegia l'esteriorità. Vedendo i tipici palinsesti, è impossibile sperare che la TV non rilevi aspetti del tutto secondari, leggendo i giornali non ci si può aspettare una informazione improvvisamente migliore e, conoscendo gli uomini, non si può ipotizzare una scomparsa repentina della superficialità.
Ma questi sono aspetti del tutto secondari.

Umano per moltissimi, ne sono convinto. Un musulmano o un ateo è lecito che rilevino nel Papa solo gli aspetti umani, che in lui sono stati comunque di grandissima levatura. E credo che questo valga anche per tanti cristiani che sono riusciti a fare propri solo alcuni aspetti della dottrina: non è il massimo, ma resta un punto di partenza.

Cristiano sicuramente per tanti. Non bisogna essere pessimisti: forse uno dei difetti dei cristiani è la mancanza di coraggio nel manifestare pubblicamente il proprio credo.
Non è lecito pensare che non esistono più cristiani autentici solo perché non siamo abituati a vedere da loro manifestazioni pubbliche di fede.
L'aspetto umano era comunque presente anche in costoro: non è un fatto negativo ma connaturale alla nostra natura carnale e forse rappresenta una molla per partire e poi andare oltre.

Chi è andato è migliore di chi è restato?

Non credo proprio: la spiritualità si vive in molti modi, che rispecchiano il proprio sentire, le proprie possibilità di accostarsi e vivere un avvenimento, anche solo le proprie abitudini.
Come c'è da augurarsi che chi è andato abbia potuto pregare e vivere l'aspetto spirituale di questo evento, altrettanto si può sperare per chi è restato.

E' un fatto effettivamente doloroso la morte di questo Papa?

Certamente è un dolore per chi riconosce in lui, capo della Chiesa, il continuatore della missione che Cristo affidò a Pietro, e forse lo è anche per chi in lui ha saputo cogliere solo gli aspetti umani: ogni morte è per l'uomo un dolore, guai se così non fosse.
Ma possiamo tutti essere convinti che la Chiesa continuerà il suo cammino millenario e che Dio, attraverso lo Spirito Santo, indicherà ai Cardinali che si riuniranno in conclave il nome giusto per il nuovo Papa.
E noi sappiamo che, al di là di ogni sentimentalismo, il nuovo Papa avrà lo stesso valore di questo, solo con diverse caratteristiche umane: questa è la forza della Chiesa, fondata su Dio e non sugli uomini.

Questa esperienza vissuta da tanti cambierà qualcosa?

Questo interrogativo è un punto chiave di tutti questi avvenimenti.
Possiamo credere che nessuno di quelli che sono sfilati in questi giorni davanti al Papa abbia mai abortito, che nessuno sia divorziato, che nessuno sia violento, ladro, assassino?
In tutti questi giorni si è ripercorsa la biografia di questo grande Papa, ma quasi nessuno ha avuto il coraggio di ricordare cosa Giovanni Paolo II ha detto di aborto, divorzio, coppie di fatto, ... Di lui si sono ripercorsi quasi esclusivamente gli aspetti più esteriori.
Ma è la sostanza che conta: a cosa valgono 20 ore di coda per rendere omaggio ad un qualcuno del quale si rifiuta in concreto l'insegnamento?

Ma a lato della fila, si è appreso in modo purtroppo marginale, c'erano decine di preti per confessare, che credo siano stati impegnati giorno e notte.
Forse la preghiera che tutti noi dovremmo elevare non è tanto in suffragio del Papa, ma per noi: che possiamo trarre anche da questo avvenimento luttuoso lo spunto per essere, da oggi e per sempre, migliori.

Perché questo testo all'interno di questo sito?

Perché ciascuno di noi, prima che un imprenditore, è un uomo.
Perché in questo Papa non vedo solo l'uomo, pur grande, ma il successore di Pietro.
Perché vicino a questo Papa, a pochi metri, ci sono stato diverse volte.
Ed infine perché queste cose le penso da tanti anni e non le ho mai nascoste a nessuno.

08 Aprile 2005
Andrea Treggia